[Questo articolo è dedicato a tutti quei ragazzi e ragazze che, come me, dedicano tempo, energia e passione a questa opera educativa]
Quando penso a giugno, alla scuola che finisce e all’arrivo dell’estate, la mente corre subito all’oratorio. È un luogo che mi accompagna da sempre: prima da bambina impaziente di giocare e correre, oggi da animatrice.
Essere animatrice non è un semplice impegno estivo: è qualcosa che ti tiene coinvolto tutto l’anno, tra incontri, progetti e attività con la parrocchia.
Nei mesi che precedono l’estate, ci troviamo spesso per organizzare giornate speciali dedicate ai bambini: quest’anno, ad esempio, alcuni di noi hanno dato vita a “Oratory’s Got Talent”, un piccolo spettacolo dove chiunque poteva mostrare il proprio talento, e noi, con tanto di giudizi, ci siamo divertiti a premiare coraggio e fantasia.
Ma è con l’estate che fiorisce il vero e proprio mondo dell’oratorio.
La preparazione del campo estivo inizia mesi prima: dall’organizzazione dell’open day, dove tra giochi e sorrisi si sono iscritti i bambini, alla suddivisione degli animatori tra i diversi gruppi dei bimbi. Ogni settimana è dotata del proprio programma specifico, pieno di giochi diversi per non lasciare nessuno indietro e far sì che tutti si divertano.
Ed è così che, dalla seconda settimana di giugno, l’oratorio prende vita. Ogni mattina è un’esplosione di risate, musica, palloni che volano e urla di “Tutti sotto al tendone!” al microfono. Dopo i balli per il risveglio muscolare e gli annunci, iniziano i giochi. È un turbinio di emozioni: entusiasmo, lamenti, piccole frustrazioni. Spiegare le regole ai più piccoli è spesso una prova di pazienza, tra qualcuno che non ascolta e qualcun altro che non capisce.
Inevitabilmente, quasi ogni giorno, qualcuno cade o si fa male, perciò noi animatori dobbiamo correre in “infermeria” a disinfettare, mettere ghiaccio o un cerotto: piccoli gesti che fanno sentire i bambini curati e sicuri.
Il pranzo è forse il momento più difficoltoso, ma anche più divertente. Dopo il lavaggio mani, i bambini entrano nella mensa e si sistemano nei posti segnati coi loro nomi; stesso discorso vale per gli animatori. Da qui inizia il caos: bottigliette che non si aprono o cadono, bimbi che non vogliono mangiare o che cercano attenzioni continue, richieste di andare in bagno senza fine.
Dopo pranzo, c’è un momento di gioco libero. Noi animatori restiamo in allerta: attenti che nessuno si faccia male, litighi o cerchi di scappare. Poi si riprende con altri giochi, fino al momento della preghiera e della merenda. Seduti insieme sul bordo del campo, ascoltiamo il don raccontare qualche passo del Vangelo. Dopo, appena finito, i bambini si alzano di corsa: tutti corrono verso il bar, per accaparrarsi per primi caramelle, ghiaccioli e bibite. L’aria si riempie di profumi zuccherini, risate e palloni che sfrecciano ovunque, che accompagnano i bambini fino all’uscita dai cancelli tra le braccia dei loro cari, arrivati per portarli a casa.
Insomma, frequentare l’oratorio, non è solo un hobby estivo, ma è molto di più. È un iter educativo che non serve solo a noi ragazzi per crescere e imparare a responsabilizzarci, ma è anche un modo per trasmettere i nostri valori tramite il nostro esempio. Spesso noi animatori diventiamo delle vere e proprie “star” per i bambini, dei modelli a cui ispirarsi: ti riempie di orgoglio vedere come un bimbo si senta legato a te e voglia stare sempre accanto a te. A volte, la situazione diventa più complicata quando ci sono bambini maleducati o che non ascoltano, ma la fatica che si spende con loro, viene ripagata dai momenti indimenticabili che si vivono sotto al sole.
Per concludere, cito ciò che mi è stato detto al mio primo incontro per diventare animatrice, ovvero: “Si deve essere animatore, non fare l’animatore”.
Isabella Brambilla