Marte, 27 marzo 2100
Avete mai pensato alla definizione della parola normalità? Io no sinceramente, perché è talmente tanto NORMALE sapere la definizione di tale parola che nessuno la cerca. Ecco, diciamo che tra il passaggio di un’astronave e un altro, non sapevo che fare e sono andato a cercare il significato direttamente sulla Treccani:
normalità s. f. [der. di normale]. – 1. Carattere, condizione di ciò che è o si ritiene normale, cioè regolare e consueto, non eccezionale o casuale o patologico, con riferimento sia al modo di vivere, di agire, o allo stato di salute fisica o psichica, di un individuo, sia a manifestazioni e avvenimenti del mondo fisico, sia a situazioni (politiche, sociali, ecc.).
Insomma, che dire? Non mi soddisfa a pieno, non me ne vogliano quelli della Treccani che di sicuro hanno molte più competenze di me, ma vorrei dare una definizione più ampia del termine, a 360 gradi, se il mio umile parlar lo permette.
Normalità è tutto ciò che ci circonda. Le piccole cose sono definibili normali, il solo andare a fare la spesa o andare a scuola, tanto per citarne due; ecco, queste piccole azioni sono, la maggior parte delle volte, rinnegate dalle persone stesse, in quanto noiose e quotidiane. Giustappunto, se dovessi pensare a un sinonimo che particolarmente si addice alla parola in questione, sceglierei senza ombra di dubbio la parola quotidianità, che molto probabilmente completa il significato portando con sé ambo le accezioni, sia quella positiva che quella negativa. Qualcosa di quotidiano, nella vita di tutto i giorni, risulta essere un’azione che si inserisce in ciò che noi volgarmente chiamiamo routine, dunque qualcosa a noi non gradito. Se però ci organizzassimo un viaggetto nel tempo-come ha fatto il sottoscritto- potremmo imbatterci in un periodo intorno agli inizi dell’anno 2020 in cui tale concetto è stato stravolto.
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Sono andato a curiosare per caso sulle testate giornalistiche del tempo, tra cui una recitava “un antico sentore di normalità”, e mi sono stupito del fatto che la gente terrestre di quegli strani anni Venti del terzo millennio volesse tornare a tutti i costi al fare quotidiano di ogni giorno, avendo così la possibilità di mettere la punta del naso fuori di casa. Sorge sicuramente una domanda spontanea… ma questi si sono presi una bella botta in testa? Cioè, noi del 2100 ci lamentiamo della parola normalità e loro praticamente la idolatrano?? Tuttavia, non soffermandomi a ciò, mi sono andato a documentare su siti affidabili -non come le persone di quel tempo con le loro fac o fec, non so come si scriva, news- e ho riscontrato che proprio in quel periodo un virus sconosciuto ha stravolto le vite di quel popolo. Perciò, andando a fondo di questa questione, ho scoperto che quelle strane persone sbandieravano fieramente il tricolore dai loro balconi, cantando e ballando in una situazione surreale e rimanevano a casa cercando di contenere il contagio. E non si limitavano solo a questo!! Applaudivano e dedicavano canzoni alla gente che loro chiamavano infermieri e dottori, per il loro incessante sforzo contro questo agente patogeno. Era tutto al contrario in quel tempo, tutto paradossale: gente felice in un momento buio e gente che inneggiava alla quotidianità come mai è stato fatto dall’uomo.
Allora sapete che vi dico… quel viaggio non me lo scorderò mai. Rimarranno impressi nel mio cuore i sorrisi semplici di quel meraviglioso popolo che non si è mai arreso e che mi ha insegnato quanto sia cruciale la parola normalità nella nostra vita di tutti i giorni e come essa assomigli a una piccola pepita d’oro ricoperta di calcestruzzo.
GRAZIE.
Gabriele Lochi
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