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25 gennaio 2020

Il valore inestimabile della curiosità

Come funziona una caffettiera?”, “Cos’è un arcobaleno?”, “Perché devo andare a scuola?”. Queste sono solo tre dell’infinità di domande che potremmo porci nel corso della nostra vita e che, quando troviamo la risposta, arricchiscono le nostre conoscenze e ci permettono di comprendere meglio il mondo che ci circonda. Ma è davvero così importante chiedersi come funziona una caffettiera? La risposta è sì, non tanto per la domanda che ci poniamo in sé, ma per la reazione che si innesca nella nostra mente quando qualcosa stuzzica il nostro interesse. Esattamente cosa succede, e perché è così importante essere curiosi?

Nella psicologia odierna, la teoria che si rivela maggiormente in grado di spiegare la personalità di un individuo è la Big Five, formulata dagli psicologi Robert Roger McCrae e Paul Costa. Essa individua cinque caratteristiche presenti in ogni individuo in quantità variabile: l’estroversione, l’amicalità, la coscienziosità, la stabilità emotiva e l’apertura mentale. Quest’ultima, in particolare, misura la volontà di una persona di uscire da situazioni familiari per cercare nuove esperienze. In parole povere, si tratta della curiosità, definita dal dizionario Treccani come “desiderio di vedere, di sapere, a fine di pettegolezzo o anche per amore del conoscere, come stimolo intellettuale”. Essa non è altro che un istinto, presente nell’uomo e in parte del mondo animale, il cui scopo è soddisfare il desiderio di conoscere la realtà che ci circonda. Attraverso certi comportamenti ed abitudini, la curiosità è lo strumento con cui scopriamo nuove informazioni e che ci ha accompagnato durante la nostra evoluzione scientifica.

Dal punto di vista dell’individuo, uno studio della University of California ha evidenziato che il nostro cervello conserva meglio le informazioni se ne siamo interessati. Monitorando l’attività cerebrale di 19 volontari, è stato osservato che l’area del cervello che regola il piacere e la ricompensa si illuminava nel momento in cui veniva accesa la curiosità del partecipante. Inoltre, un’altra zona sollecitata in quel momento era l’Ippocampo, ovvero l’area coinvolta nella creazione dei ricordi. La curiosità, pertanto, provoca il rilascio di una sostanza chimica, la dopamina, che sembra svolgere un ruolo nel migliorare le connessioni tra le cellule coinvolte nell’apprendimento.

In secondo luogo, se consideriamo i bambini, porsi domande e voler esplorare il mondo è una caratteristica che gioca un ruolo fondamentale nei processi di apprendimento. La loro osservazione diventa poi interpretazione e conoscenza del mondo che li circonda, a partire dal riconoscere i pericoli da evitare o capire i giusti comportamenti da assumere. Si tratta di un’incredibile quantità di informazioni che non possono semplicemente essere “inserite” nella memoria da un insegnante o da un genitore, ma che devono rispondere a un desiderio del bambino stesso per permettergli di assimilarle. Nel 2018, Prachi Shah, professore di pediatria alla University of Michigan, ha pubblicato i risultati di uno studio condotto su 6200 bambini, e ha scoperto che un’elevata curiosità era legata a maggiori abilità matematiche e di alfabetizzazione.

Quando si diventa adulti, però, questo desiderio di conoscenza cala drasticamente, ci concentriamo su altri aspetti della nostra vita e ci sembra di dover “sacrificare” il nostro tempo se vogliamo imparare cose nuove. In questo modo, sottovalutiamo il valore delle piccole domande quotidiane e delle scoperte che otteniamo, tutto diventa scontato e banale, ma non lo è! La nostra sete di sapere ha bisogno che ce ne prendiamo cura e porta ad elevarci come individui, non tanto in un senso prettamente accademico, quanto di elasticità mentale. Infatti, più domande ci facciamo, meno paura proviamo nel sapere la risposta e raggiungiamo una propensione alla novità tale da non fossilizzarci su certi concetti e idee, diventando esseri in continua evoluzione e crescita.

Tornando al funzionamento della caffettiera, ovviamente per noi studenti non è fondamentale conoscere a fondo i segreti di una macchina che fa il caffè, ma, se ci pensiamo, qualcuno ha inventato questo oggetto. Più precisamente, qualcuno si è posto la domanda “come faccio il caffè?” prima di noi e ha concentrato la sua attenzione su come arrivare a una soluzione. In conclusione, da piccole domande ne nascono di grandi, dalla ricerca delle risposte diamo vita a ragionamenti e idee nuove, la curiosità ci spinge oltre i nostri stessi limiti e, da un certo punto di vista, è ciò che ci rende umani. Perciò esplorate i limiti della vostra comfort zone e condividete ciò che avete scoperto! La curiosità non si vede e non si compra, ma è nostra responsabilità tenerla in vita.