
Una romantica luna piena splende in un terso cielo notturno, costellato di luminose stelle. Dal finestrino del lussuoso aereo su cui ti trovi si scorge un paesaggio magnetico: le città sono stelle cadute dal cielo. La destinazione ignota, che diviene sempre più nitida e dettagliata all’avvicinarsi a terra, è una città ricca di stupendi edifici. È un viaggio nel tempo e nell’arte, una meta che meraviglia e stravolge: è la magnifica Firenze.
Mentre l’aereo scende dolcemente, la città spegne le sue luci, come occhi che si chiudono, dormienti. Il sole fa capolino ad oriente e risveglia, coi suoi raggi, la vita .Il cielo si colora di un giallo intenso, una macchia di luce che scaccia la notte. Ponte vecchio, il più antico braccio di pietra che collega le due sponde opposte dell’Arno, si tinge del medesimo colore. Il fiume, che lentamente scorre nel suo alveo, sembra una colata d’oro fuso, che lambisce gli argini e riflette gli edifici.
Distogli lo sguardo dal finestrino. I passeggeri sembrano pronti a scattare in piedi per fiondarsi nei loro alberghi, nei loro uffici. Sono come automi: laboriosi, meccanici e freddi. Mentre osservi la triste scena si susseguono bruschi scossoni che, per pochi secondi, fanno fischiare le tue orecchie. Strizzi gli occhi cercando di isolarti dal rumore e, non appena li riapri, noti di essere ormai l’unica persona ancora sull’aereo. Celermente ti dirigi verso l’uscita e scendi la breve rampa di scale. Nell’istante in cui appoggi i piedi per terra rimani stupito nel vedere una bianca margherita fare capolino su un verde prato, anziché il duro cemento della pista di atterraggio.
Alzi allora lo sguardo ed ammiri con incredulità il paesaggio che ti si staglia davanti: sei in un affascinante parco, ricco di alberi verdeggianti, costellati di piccole gemme ancora schiuse. Poco lontano noti una grande fontana da cui erge, su uno sperone roccioso, la statua troneggiante di Nettuno.
Il gorgoglio dell’acqua, ritmico ed incessante, é l’unico suono che si ode in quello che pare il centro di un immenso giardino deserto. Lo stagnante specchio d’acqua riflette i tiepidi raggi di un sole appena sorto e, sui terrazzamenti che circondano il bacino, gli alberi crescono rigogliosi e forti.
Per un momento, come una stella cadente, una figura nascosta riflette la luce argentea per poi mimetizzarsi fra le ombre dei verdi giganti e discendere verso di te. Il tuo cuore sussulta un poco, mentre la luce dell’alba illumina una donna di mezz’età, dal colorato abito anni 50, in perfetta armonia con i semplici capelli sciolti che adornano un viso paffuto e pieno. Una volta averti raggiunto, ti rivolge un tenero sorriso, che, come per incanto, restituisce al suo volto rugoso giovinezza ed eleganza. La osservi con occhi attenti e nella tua mente balena fugace un’immagine. Ti pare di averla già vista, non dal vivo, di certo. Forse su un giornale o in televisione. D’improvviso un nome appare e scompare nella tua mente, come un lampo che illumina un cielo tetro: Margherita Hack.
La donna sembra aver udito i tuoi pensieri e annuisce, umilmente. Conosci poco della sua vita, ma abbastanza da sapere che é stata una delle donne più illustri del XX secolo: un’astrofisica brillante e una sapiente divulgatrice scientifica, scomparsa però nel vicino 2013. Vederla lì, dinanzi a te, come il fantasma della geniale donna che fu, ti incute un senso di irrealtà e soggezione. Lei, però, ti sorride benevola e imbocca uno dei viali del giardino, invitandoti a seguirla.
Camminate in silenzio lungo i sentieri tortuosi che attraversano il parco. Hai mille domande da porle, ma la natura risponde al posto suo: ti trovi nell’affascinante giardino di Boboli, storica area verde della città di Firenze. Margherita Hack ti guida lungo un percorso che non ha meta, ma che meraviglia e stupisce.
Il cosiddetto primo asse del parco ti permette di ammirare la pregevole Grotta dei Buontalenti, un esempio di architettura barocca, bizzarra e sfarzosa, la Kaffeehaus, un padiglione in stile rococò coperto da un’esotica cupola finestrata, e numerose opere di epoca classica. Nel secondo atto del parco, altresì stupefacente, si può godere della magnificenza della contemporanea testa bronzea di Igor Mitoraj e dell’ampio Prato del Pegaso, in cui si erge l’omonima statua, simbolo della regione Toscana. Davanti ai tuoi occhi sembra di assistere alla fusione di differenti e antitetiche stagioni artistiche, rese presenti e reali dagli avvolgenti raggi di un sole primaverile che pare voglia impreziosire le opere con la sua luce.
La scienziata non pare intenzionata a fermarsi e così, zigzagando fra i piccoli sentieri e i larghi viali, vieni condotto fino ad un amoeno pergolato di lecci.
La rugiada brilla sulle tenere foglie verdi segnando un sentiero di argentee stelle. La donna ti sorride, beata, mentre attraversi la volta, guidato soltanto dal tepore del sole. E d’un tratto un’inaspettata pioggia di gialla mimosa ricade su di te, trasportata da un vento ignoto, improvviso. Si annoda ai capelli e tinge gli abiti di piccoli pois sfavillanti. E così scoppi a ridere, mentre corri attraverso la nube floreale, mentre ti copri il volto e giungi all’uscita del pergolato.
Percepisci però sulla pelle che ora il sole é divenuto insolitamente più caldo. Spalanchi gli occhi, ancora sorridente, e con incredulo stupore ammiri il nuovo scenario che ti si para davanti: la gialla facciata di un alto edificio si staglia contro un cielo azzurro e limpido, come un secondo astro che domina la volta celeste. Ti senti improvvisamente perso e disorientato: fino a pochi secondi prima stavi correndo in un verdeggiante parco fiorentino, mentre ora ti ritrovi in un’insolita città, straniera e sconosciuta.
Su un cartello poco lontano noti un’elegante scritta in spagnolo: “Convento de San Antonio de Padua – Izamal, México” .
I tuoi occhi si sbarrano, sbigottiti e confusi, mentre una donna ti si avvicina con passo tranquillo. Noti che indossa una stravagante gonnellona ricamata con balze sull’orlo e una tradizionale camicetta messicana; ma soprattutto riconosci subito quelle folte ciglia, quel viso tanto espressivo e carismatico: è la celebre pittrice surrealista Frida Kahlo.
Ti senti divertito ed allibito al contempo: hai appena avuto l’onore di incontrare due fra le donne più illustri della storia contemporanea, nonostante entrambe siano ormai scomparse. Mille pensieri s’insinuano e si mescolano feroci nella tua mente, finché la sua mano, inaspettatamente calda e morbida, si intreccia con la tua. Da quell’istante, ogni preoccupazione svanisce e rimane soltanto il desiderio di esplorare quel luogo magnifico, quella ciudad amarilla, città gialla, che affascina e sbalordisce.
Ti ritrovi così a zigzagare fra le vie di Izamal al seguito di una donna eccentrica, di un’artista eccellente ed eterna. Tutti gli edifici sono tinti di un giallo acceso, puntellato di bianche decorazioni: è un omaggio alla città del Vaticano, la cui bandiera è, per l’appunto, di questi colori.
Il vostro viaggio prosegue fino alle pendici di un’imponente costruzione Maya, la piramide di Kinich-Kakmo. Le antiche rocce sono ormai ricoperte da una ricca vegetazione che cresce infiltrandosi fra le spaccature dei massi. Il sole, ormai alto nel cielo, illumina con i suoi caldi raggi il monumentale tempio, che pare sprigioni un’energia mistica, una sorta di legame tangibile fra passato e presente. Sembra voglia ricordarci che in futuro di noi rimarrà soltanto ciò che di bello abbiamo creato, perché siamo esseri mortali ed effimeri, ma capaci di realizzare opere che possono durare per millenni.
Ed è forse anche quello che pensa Frida, la quale, con delicatezza, lascia la tua mano, per accostarsi ad un’altra figura, Margherita Hack, comparsa or ora dal nulla. Le due donne si guardano, sorridenti; appartengono a due mondi completamente distanti, ma che adesso si accostano e si fondono davanti alla forza della memoria.
E come dorati raggi di sole si disperdono nella luce del giorno.
Giorgia Riva e Luca Grisi