l’unicità della solitudine

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02 marzo 2021

Caro Friedrich,  

Negli ultimi mesi mi son sempre posto una domanda: come si fa a sopportare la solitudine? Come si può rimanere soli nella vita e dunque non essere felici? E’ un quesito a cui pochi uomini, se non uno solo, sono stati capaci di rispondere, poiché la solitudine è la condizione umana, in cui l’essere è solo o per sua volontà o per sua causa o a causa di terzi. Ciò che tuttavia muove la coscienza umana a raggiungere quello stato non è dato saperlo. Cosa spinge l’uomo a privarsi della felicità o permettere che questa gli venga sottratta?  

Tu, caro Friedrich, sei una delle persone a cui è stato vietato di sentirsi felici, poiché eri diverso, eri la voce fuori dal coro, colui che squarciava il velo di Maya e riusciva a vedere oltre tutta la realtà apparente. Per questo motivo sei stato denigrato, maltrattato e strumentalizzato da persone incapaci di andare oltre le righe stridenti dei tuoi testi, travisando i tuoi messaggi, i quali erano pressoché anacronistici. Con il tuo filosofare hai aperto gli occhi al popolo che era permeato da una morale che prediligeva canoni ristretti  di comportamento e bellezza, pretendendo di ordinare ciò che era giusto o meno fare e disintegrando completamente ciò che tu definisci dionisiaco, ovvero quell’impulso irrazionale che induce l’uomo ad essere sé stesso, ad essere persone pensanti e non dei burattini guidati da qualcuno. Tuttavia non eri ancora soddisfatto e hai annunciato alla folla nel mercato, descritta nella “Gaia Scienza”,  la cosiddetta “Morte di Dio”, ovvero la morte di tutti i valori di quella vita che era imperniata da principi tradizionali, consumati dalla ragione stessa dell’uomo che si era imposto dei limiti con la filosofia razionale. Inoltre sei stato definito anti-democratico e anti-borghese, dunque emarginato dalla società, solo perché ci sono state persone che hanno frainteso ciò che tu denomini, nella pagine de “Al di là del bene e del male”,  la morale dei signori e la morale degli schiavi, in cui semplicemente, con il tuo fare così provocatorio, affermi che tutto il mondo è schiavo della morale e che solo coloro che riescono ad essere loro stessi sono nobili, ma non di rango, di animo. Questi ultimi possono essere definiti “Übermensch”, ossia coloro che non si fermano alla superficie delle cose, bensì indagano nel profondo delle cose, cercando di ritrovare quella forza vitale che permetteva in origine all’uomo di essere a contatto con la natura, trasformandosi in essa.  

Tu, caro Friedrich, sebbene fossi considerato un genio all’inizio della tua carriera, e sebbene tu abbia elaborato tutto questo apparato filosofico, sei stato accantonato dalla società solo perché diverso. Proprio in questi momenti difficili che stiamo vivendo – è una malattia nuova, non la conosci, si chiama “Sars-Covid-19”- è alquanto complicato essere sé stessi come lo sei stato tu, poiché appena qualcuno afferma qualcosa di diverso da ciò che dice la massa viene definito “strano”, “non normale”, e con queste piattaforme social – non hai conosciuto neanche queste, meglio per te- tutto ciò viene amplificato, eliminando tutto ciò che non è omologato. Se si legge tra le righe scopriamo tutto questo mondo che ti avvolgeva, un tuo universo dove tuttavia eri solo, ma in quella solitudine combattevi per la tua unicità, portandoti a ricercarla continuamente, poiché la massa non ti rappresentava e proprio quest’ultima è la causa della tua privazione di felicità, allontanandoti dalla società e generando in te ciò che poi è stato definito follia, ma è risaputo… nel genio c’è sempre un pizzico di follia.    

Gabriele Lochi