
Lo sapevate che, durante la settimana degli approfondimenti, dal 2024 ci si poteva teletrasportare negli Stati Uniti degli anni Venti? Io non lo sapevo, fino a quando non ho varcato la porta dell’aula numero 54, terzo piano.
La Lim era animata da una presentazione, che faceva da sfondo ad una spiegazione in inglese delle professoresse Bianchi e Viganò. La lingua inglese ci ha permesso di immergerci ancora di più in quella realtà tanto animata degli anni Venti. Tanti sono i modi con cui viene chiamato questo periodo, oggetto di questo approfondimento: “années folles”, “felices Años Veinte”, “goldene zwanziger”, ma tra tutte le definizioni la più nota è certamente “Roaring Twenties”.
Ma cosa sono e perché vengono chiamati così? Durante il primo dopoguerra, l’America registrò un importantissimo boom economico, che portò ad un migliorato tenore di vita per alcune fasce sociali e anche ad una maggiore accessibilità di beni materiali come la radio o le automobili. D’altro canto, però, come si suol dire, non è tutto oro quel che luccica. Ebbene sì, anche i fatidici “Roaring Twenties” mostrarono il loro lato oscuro, con un clima di forte chiusura soprattutto nei confronti di neri, contadini e i lavoratori più umili. Questi videro il loro stipendio abbassarsi e vennero introdotte delle leggi che resero difficile l’immigrazione. Anche il razzismo trovò infatti il suo posto nella società. Si consolidarono organizzazioni segregazioniste come quella del Klu Klux Klan, che imperversava con la persecuzione di neri, cattolici ed ebrei. Ciò che colpisce è la simbologia dietro l’abbigliamento dei membri di questa organizzazione: le tuniche bianche e il cappuccio, che copriva il volto, rappresentavano gli spiriti dei soldati che, tornati dal mondo dei morti, si sarebbero vendicati e avrebbero terrorizzato i loro nemici, propugnando la superiorità della “razza bianca”. Le scelte repressive dei governi repubblicani allora al comando negli USA si manifestarono anche attraverso il proibizionismo: nel 1919 il diciottesimo emendamento alla Costituzione proibì la produzione, la vendita e il consumo di alcolici. Tale provvedimento ebbe, però, scarso successo, perché non si riuscì a bloccare il consumo di questi prodotti e tutto ciò venne trasformato in un’attività illegale, che contribuì allo sviluppo delle organizzazioni criminali, come la mafia di Al Capone.

Ma a “ruggire” veramente non furono soltanto i cambiamenti dal punto di vista economico, nominati prima, ma soprattutto sociale. Il genere musicale del jazz si espanse sempre di più, ben oltre la comunità nera, dalla quale si era originato. A questo punto dell’approfondimento, è la tromba del celebre Louis Armstrong a risuonare, trasformando l’aula 54 in uno di quei tanti “jazz club” dell’America degli anni Venti, con le note della celebre canzone “When The Saints Go Marching In”. In questi anni il jazz viene ballato da una nuova generazione di donne, sessualmente più libere ed emancipate, con gonne corte, capelli portati fino alle spalle e che mostrano una spregiudicatezza mai vista prima, come dichiara l’atto del fumare in pubblico. Tra le Flappers più celebri – così erano chiamate le donne che ballavano il Charleston, danza ritmata dal jazz – c’era Zelda Sayre Fitzgerald, che, prima di diventare moglie del celebre scrittore Francis Scott Fitzgerald, trascorreva le sue notti girando per la città tra club notturni. Possiamo dire che fu proprio lei la musa ispiratrice di suo marito, che scrisse il libro simbolo di quegli anni, “Il Grande Gatsby”, di cui tra l’altro ci è stato dato anche un assaggio, leggendocene alcuni estratti.

A questo punto, l’ultima diapositiva della presentazione diceva “Let’s go Charleston!”. Non era una semplice frase finale con la quale poi sarebbe terminato l’approfondimento, anche perché, secondo l’orologio, l’ora non era ancora finita. Noi tutti eravamo ignari di quello che sarebbe accaduto di lì a poco… Infatti la professoressa Viganò e tre alunni della 4BLS, con tanto di cerchietti e guanti tipici, ci hanno coinvolto in un ballo Charleston, con musica jazz che faceva da sottofondo. Prima ci hanno illustrato il ballo individuale e poi quello di coppia, con lo scopo di far provare anche a noi i passi, che a detta loro “si possono facilmente imparare”, trasformando la classe in una vera e propria sala da ballo! È stata una esperienza di coinvolgimento emozionante e divertentissima!!!

Forse il filo rosso che collega il 2024 ai “Roaring Twenties” è proprio la musica, che ha reso e rende parte di un gruppo l’essere umano, i cui balli sono da sempre massima espressione di libertà.
Silvia Donnarummo