il natale: la festa dei miracoli?  

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21 dicembre 2023

Quest’anno le prime decorazioni natalizie sono comparse verso metà ottobre. Nei supermercati, nei negozi, per le strade delle città. È buffo vedere quanta fretta ci sia nell’accogliere il Natale. È come se ci fosse un diffuso bisogno di respirare quell’aria tipica di dicembre, quell’atmosfera, come se si sentisse la necessità estrema di vivere questa festa, tanto attesa quanto forse idealizzata. Non fraintendetemi, con idealizzata non intendo dire che merita meno importanza di quella che le diamo, o che sia meno speciale di quello che è, anzi. Penso che dovremmo vivere meglio il Natale, trattarlo con più cura. Penso che dovremmo farlo diventare più concreto in tutta la sua bellezza, piuttosto che renderlo bello solamente come idea. È un grande rischio trattarlo come un qualcosa da aspettare passivamente. Così facendo si rischia di gonfiarlo di aspettative vuote: lo si aspetta per mesi e non fa in tempo ad arrivare che già scappa, lasciando posto all’amaro ricordo di un giorno passato e ai pensieri proiettati sul rientro al lavoro e alla grigia vita di gennaio. 

Possibile che il Natale sia questo? Possibile che sia fatto solo di luci vuote e di convenzioni? Perché sì, diciamolo, ormai è diventata una festa piena di consuetudini e di apparenza, gonfiata da tutta quest’estetica dello sfarzo, delle decorazioni, delle luminarie, dei pacchetti regalo, delle confezioni piene di fiocchetti, dei biscottini e dei dolci. È diventata la festa delle compere, la festa più amata dall’economia consumista. È talmente esagerato che a volte ci mette addosso stress, piuttosto che portare la fatidica “pace nei cuori” di cui tanto si parla. Durante le feste ci sentiamo tutti in dovere di vedere persone che non vediamo da tempo (magari con cui nemmeno abbiamo un legame importante, ma ci sentiamo costretti a farlo per la circostanza), di comprare regali a tutti i costi, di preparare il pranzo perfetto, di organizzare le giornate di vacanza affinché siano tutte speciali. E va a finire che ci concentriamo solo sul nostro benessere, su cosa ci può far star bene, su cosa ci serve per riposarci, per staccare da tutto e mettere in standby la vita per qualche giorno.  

Quanta ipocrisia, e pensare che il Natale dovrebbe essere l’esatto opposto di quello che è diventato. Non è la festa della piccolezza? Non nasce nell’umiltà? Non dovrebbe educarci a guardare all’altro, piuttosto che a noi stessi? È davvero difficile scindere il vero Natale da quello che è diventato. È diventato talmente una consuetudine che nemmeno ci facciamo più caso. Nemmeno ci pensiamo più, a quello che possiamo fare per rendere vera questa festa. Ci chiediamo ancora che senso abbia? Che senso ha il Natale in un mondo dilaniato dalle guerre? Ci pensiamo mai? Pensiamo mai al fatto che lunedì saremo tutti nelle nostre case con gli alberi accesi, tanti regali splendidi da scartare, pranzi sontuosi, mentre fuori dalle nostre case c’è gente senza un tetto e senza un pasto da mangiare, gente che soffre, che non ha di che vivere, che patisce il freddo di dicembre e che maledice questa festa proprio perché non gli è permesso di viverla? Non ci pensiamo spesso, perché forse non sono realtà con cui entriamo in contatto quotidianamente, ma sono molto più concrete, tragiche e reali di quanto immaginiamo.  

Voglio condividere con voi queste parole della Lettera di Natale di Franco Arminio che risalgono a qualche anno fa ma che mi piace rileggere ogni volta, perché sono capaci di ricordarmi il senso di questa festa:  

Natale e i giorni che lo circondano sono una spina feroce per i dolenti. Il Natale dei vecchi nelle case di cure, il Natale dei carcerati, il Natale negli ospedali. Ma questi giorni sono feroci anche per chi sta a casa e ha la stanza del figlio vuota, il figlio morto a Natale diventa un ferro rovente che ti rovista il cuore. Il Natale di chi sta a casa e sente che è passato troppo tempo e non hai più venti anni e nemmeno quaranta. Il Natale dei bambini circondati da merci più che da persone, il Natale degli scapoli, quelli che quando tornano a casa la sera sentono il vento che fischia dietro la porta e non ti viene voglia di spostare un bicchiere, di lavare un piatto. Il Natale degli amori sgretolati, delle diffidenze, delle bugie che diciamo agli altri e a noi stessi. Il miserabile Natale di chi ha successo e ne vuole avere ancora di più, il Natale dei delinquenti che prima o poi saranno scoperti, il Natale di chi è stato lasciato e di chi non è stato mai trovato, il Natale del fegato malato, del dente guasto, il Natale degli occhi gonfi, il Natale delle rughe, dei capelli caduti, il Natale di chi non si ama più e di chi non ha amato mai.  Una festa così dovrebbe essere una grande occasione di federare le nostre ferite, dovrebbe essere la festa della verità su chi siamo e su chi vorremmo diventare, da soli e assieme agli altri. E invece abbiamo delegato il nostro dolore ai dolciumi, come se un torrone potesse essere l’avvocato della nostra ansia, un panettone il muro contro l’angoscia.  Natale dovrebbe essere il tempo della poesia. La poesia al posto della tombola, la terna di Leopardi, la quintina di Dante. La poesia serve a spiegare la disperazione e a far fiorire la gioia, tutte e due le cose assieme. La poesia serve a lasciare un poco di vuoto dentro di noi, serve a tenere spazio per il ritorno dei miracoli.  Nella giostra orrenda delle merci ci siamo dimenticati che in fondo Natale è la festa dei miracoli, come se ci fosse un giorno in cui possiamo festeggiare i miracoli che avvengono tutto l’anno.”  

Non mi dilungherò ancora troppo, penso che in queste parole sia espresso tutto il senso del Natale vero. Quest’anno pensiamoci, proviamo a guardare un po’ oltre la solita apparenza, andiamo più a fondo e rompiamo quel vetro di superficialità che imprigiona questa festa. Facciamo sì che passi e che ci lasci un segno, piuttosto che travolgerci passivamente, diamogli vita, diamogli la possibilità di essere la festa dei miracoli. Abbiamo bisogno del Natale, della luce che porta. E lui ha bisogno di noi, della nostra purezza. 

Marta Fumagalli