Un’ultima campanella, manca solo un’ultima campanella. Un’ultima campanella e il mio viaggio qui sarà concluso per sempre. Un’ultima campanella e inizierà il primo capitolo di una nuova vita.
Era ciò che pensavo quando, un giorno di giugno dello scorso anno, terminai il liceo, urlando a squarciagola il conto alla rovescia per l’ultima campanella della mia vita. Eravamo tutti in palestra, radunati e abbracciati, con i volti bagnati dalle lacrime e i sorrisi stampati sul viso. Sopraffatti dalle mille emozioni, ci guardavamo leggendoci negli occhi la gioia del traguardo e la paura del domani.
In quel momento così unico, seppi solo abbandonarmi alla trepidazione che mi scuoteva l’anima e mi faceva battere il cuore, dimenticandomi di tutto il resto.
In ognuno di quei secondi che mi avvicinavano alla fine del liceo e all’inizio del mio nuovo viaggio, ripercorrevo gli istanti, le avventure, le esperienze, i pianti e le risate che ero riuscita a vivere tra quei banchi spesso tanto odiati, ma che per me nascondevano la vita allo stato puro.
Capii di aver imparato a vivere quando mi sorpresi a piangere su un libro da studiare, a ridere dei miei insuccessi e dei miei successi, a guardarmi intorno e vedere i volti di chi, come me, bramava il futuro. Fu nei corridoi di scuola che imparai a riconoscere la vita in tutte le sue forme, leggendola negli occhi di un compagno, nel sorriso di un professore, nell’interminabile coda alle macchinette o nella gioia di un intervallo.
Spesso, quando mi capita di riparlarne, dico che la scuola è stata la mia seconda casa; se fino ad allora mi limitavo a guardarmi crescere, senza sapere cosa si celasse davvero nei meandri dell’esistenza, quei banchi mi hanno dato la chiave per stare al mondo.
Ho conosciuto persone con cui ho condiviso momenti irripetibili con chiunque altro e ho riservato loro un posto nel cuore per l’eternità. E nonostante le strade per il nostro futuro si siano divise e diramate in direzioni opposte, saranno sempre destinate a ricongiungersi nel ricordo dei migliori anni della nostra vita.
Perché, alla fine, anche se rifiutiamo in qualsiasi modo di ammetterlo, è questo che sono: i migliori anni della nostra vita.
E l’ho capito proprio in quell’istante, quando allo scadere di quel conto alla rovescia le urla e i pianti di gioia hanno riempito l’aria di un eterno momento di pura felicità.
E l’ho pensato anche dopo, quando, immersa nel ripasso di decine di libri, mi preparavo alla maturità; il passo più grande della mia giovane vita. Eppure, la fatica, le lacrime e la stanchezza non hanno mai scalfito la consapevolezza di essere, in quel momento più che mai, al culmine della felicità.
L’ansia del primo giorno di esami si è tramutata presto in gioia, quando, davanti alla scuola, centinaia di ragazzi come me si preparavano a compiere il primo passo per una nuova vita. Ma soprattutto, la paura del fallimento ha lasciato spazio alla gratitudine, quando, seduta di fronte alla mia prima prova, ho realizzato di essere lì perché ce l’avevo fatta e che quello era solo l’inizio del reale viaggio della nostra esistenza.
Ricordo che il giorno del mio esame orale, di fronte ad una commissione che guardava e ascoltava solo me, non ero più agitata come credevo sarei stata fino alla fine, ma sinceramente colma di felicità. Quella prova non fu più un voto per me, ma un ultimo, sentito saluto a chi mi aveva visto crescere e, soprattutto, insegnato a guardare ad ogni mia emozione come un inno alla vita. Ad oggi, di quel giorno, quel che ricordo meglio non sono le domande e nemmeno le mie risposte, ma i sorrisi di quei professori che, per l’ultima volta, mi hanno salutato avviandomi lungo una nuova strada, quella della vita.
Carolina Maggi