La neve sprigiona un potere che ancora non mi riesco a spiegare, mentre la guardo posarsi candida sui tetti, sui prati, su ogni frammento di natura e di uomo.
Io odio il freddo, quando gli aghi del gelido inverno perforano la mia pelle, ancora impregnata di caldo e di mare, mentre ogni tocco d’estate abbandona tristemente il mio cuore. L’inverno è una silenziosa morte, che si insinua fra le fronde verdi degli alberi ed attende quieta, mentre gli aliti feroci e le piogge dirompenti dell’autunno le indeboliscono giorno dopo giorno. Ed infine, quando anche l’ultimo ramo ha perso la sua ultima foglia, ecco che l’inverno esibisce il suo capolavoro: alberi deformi dai corpi graffiati e oltraggiati, impotenti e dolenti sotto una coltre di silenzio.
Eppure, nonostante il dominio del gelo, quando la neve, la più mortifera tra i figli dell’inverno, si posa tutt’intorno, anche la Morte si desta sorpresa.
Tutto diventa bianco, mentre le piccole, gelide schegge si abbracciano fra loro, si stringono, si schiacciano, si compattano. Bianco diviene il grande albero dai rami torvi, il vasto campo di fiori appassiti, l’immensa città che pullula di uomini mai stanchi.
E nel tingersi dello stesso candore, ogni cosa, naturale ed umana, ritrova la sua armonia: il grande albero si nasconde sotto la coperta di neve, che cela lentamente tutti i graffi dell’inverno; i fiori appassiti del vasto campo si chinano dolcemente a terra sotto il peso dei fiocchi di neve, mentre si riposano, scaldati dal gelo; ed infine la città si ferma, milioni di occhi si alzano verso il grigio specchio di cielo e la neve corre veloce verso di loro, colpisce berretti colorati, nasi arrossati, bocche ridenti.
Nel silenzio della loro corsa i fiocchi di neve danno colore alla morte dell’inverno; un colore arido, asettico, privo di animo, ma che nella sua indifferente opera, rende solidale la Vita, che dorme distratta e sconfitta.
È dunque quel bianco luminoso che abbaglia la Vita, che si risveglia confusa ed indolenzita, ma che tenacemente ribatte alla Morte. Steli verdi perforano il manto di neve, s’insinuano, guidati da una piccola capocchia bianca, fra il vuoto delle schegge. E poi esplodono in mezzo al grigiore, gridando a quel debole sole che indugia dietro la nebbia di brillare per loro.
Piccoli ed audaci i bucaneve, determinati ma mai superbi, seppur consci di essere gli unici ad aver vinto l’inverno. Ed infatti si chinano dinanzi a lui, lo atterriscono con la loro muta e mite perseveranza. Ed egli si adira nel vedersi di nuovo deriso, sconfitto dalle sue stesse armi.
Ma deve tacere, accettare di soccombere.
Perché non vi è nulla di più forte contro la morte, che la modesta volontà della vita.
Grisi Luca