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26 maggio 2020

Marte 27 maggio 2100

Un giorno, mentre stavo giocando a carte virtuali in un bar sulle nuvole con i miei amici robot – consiglio di non giocarci mai perché sono alquanto scontrosi e inquadrati – arrivò il cameriere, a cui avevamo ordinato noccioline OGM, annunciandoci che per quella volta la consumazione per i primi arrivati sarebbe stata GRATIS. E noi, soliti ritrovarci lì per combattere la noia del ventiduesimo secolo, eravamo proprio i primi della giornata. Nonostante la felicità di poter avere una consumazione totalmente offerta da tasche altrui, quel gesto mi fece alquanto riflettere. Più che un gentile omaggio ai clienti mi era sembrato, per la sua freddezza in sé, una mossa commerciale per far arrivare più gente possibile, non curandosi realmente delle persone.
Questo episodio mi fece ripensare uno di quei viaggi nel tempo fatti agli inizi del ventunesimo secolo, dove ebbi modo, grazie all’incontro con quelle strane creature “umane”, di conoscere e analizzare la parola GRATIS.
Innanzitutto a quel tempo c’erano i centri commerciali, all’interno dei quali in determinati periodi facevano i cosiddetti “sconti” e organizzavano eventi come il “Black Friday”. Credevo che questo volesse dire “gratis”, ma capii subito che, nonostante si vendessero oggetti a prezzi ridotti, non si trattava di veri e propri regali, di cose “gratis”: dovevi pagartele lo stesso!
Ricercai allora in altre sfaccettature di quella strana società la parola “gratis”. Trovai così qualcosa che mi attraeva di più degli sconti dei negozi. In quelle persone, in particolare nelle loro facce, intravidi qualcosa che pensai fosse perfetto per descrivere la parola “gratis”.
Era una forma strana di fare regali, una forma di debolezza, secondo quanto avevo capito da alcuni, ma io, che venivo dal futuro, la trovavo una vera forza. Credo si chiamassero “sentimenti” – se sbaglio vocabolo abbiate pietà della mia ignoranza – e non rappresentavano qualcosa di materiale, di concreto, di tangibile. Li definirei come dei quadri di Vasilij Kandinskij, astratti, ma al contempo intensi come le opere di Caravaggio – anche questi pittori li ho incontrati entrambi in un viaggio nel tempo.

Essi si presentavano in forme e tipologie diverse; ad esempio – se la mia memoria non mi inganna – ricordo ci fosse un sentimento chiamato “amicizia” ed era fortissimo tra i ragazzi, definiti “adolescenti”, le cui sfaccettature erano miliardi. Alcune amicizie sembravano essere la fotocopia de “Il Segreto” – sì, lo fanno ancora nel 2100 – con intrecci e tradimenti; altre, invece, erano vere e limpide come un bicchiere d’acqua fresca: uomini che si scambiavano pezzi di anima tra loro senza tirare fuori un centesimo. Era un’emozione unica osservarli da lontano, analizzando le loro dinamiche, e tutto ciò era “gratuito”. Nessuno doveva pagare per un’amicizia vera e sincera e mi chiedevo perché non la vendessero nei supermercati.
Oltre all’amicizia, poi, ebbi modo di notare anche un altro sentimento gratuito, a cui, proprio per la caratteristica di essere tale, gli umani erano soliti dare parecchio spazio, sebbene sembrasse essere qualcosa di alquanto sgradevole e fastidioso. Vi erano infatti uomini che insultavano altri senza alcun motivo, probabilmente perché le parole non si pagavano; nel mirino di queste persone vi erano coloro che avevano un colore diverso della pelle, coloro che giungevano da un posto lontano, in cerca di un posto migliore dove vivere, senza più la paura costante di morire. E poi ancora, gli insulti piovevano su coloro che avevano un orientamento sessuale diverso da quello “consueto”, senza capire che al verbo “amare” – e dire che l’avevano inventato proprio loro umani – non è stato mai attribuito un concetto specifico e nessuno, quindi, aveva il diritto di definirlo.
E, per assurdo, sembrava proprio quest’ultimo sentimento la cura di ogni male, il padre o la madre, senza alcuna differenza di genere, di tutte le emozioni.
Le persone in quello strano secolo si amavano e si erano rese migliori. La gente era gioiosa e utilizzavano una parola che sembrava essere una sorta di sinonimo dell’amore, “felicità”.
Dopo essere tornato da quel viaggio, mi sono accorto che il nostro mondo, il mio mondo, era stato privato di tutti quegli elementi, rendendo grigio il paesaggio, come in un film di Charlie Chaplin – il cui volto avevo notato in una di quelle antichi marchingegni del ventesimo secolo, le “pellicole” – ma con la differenza che non vi era nessuna persona come lui a rendere il tutto più colorato.