
“Ci sono due modi opposti per affrontare il viaggio, il primo è veloce e quindi necessariamente bulimico: il più possibile nel minor tempo possibile”, scriveva nel 2018 il noto critico d’arte e giornalista Philippe Daverio nel suo libro Grand tour d’Italia a piccoli passi. La questione da lui sollevata ci offre un profondo spunto di riflessione che può riguardare più in generale le nostre vite.
Soprattutto negli ultimi anni, il voler fare quante più cose possibili nel minor tempo che ci permetta di realizzarle sembra essere diventato il motto ispiratore della società di oggi. Difatti, così come i turisti spesso si spostano repentinamente da un luogo di interesse all’altro nei loro “fast trip” italiani di tre giorni, anche noi nella vita quotidiana sembriamo fare esattamente la stessa cosa.
Anche io, più passa il tempo e più sento di appartenere a questa società caratterizzata dall’ossessione di dover fare tutto, ora e subito. Come un aquilone che rimane in alto nel cielo grazie ad una brezza costante e quando essa cessa cade verso il terreno, così la mia quotidianità mantiene il proprio equilibrio grazie ad un impegno costante. Devo riuscire ogni settimana a conciliare gli impegni: la mattina a scuola, il pomeriggio dedicato allo studio, l’allenamento, le ripetizioni e la scuola guida. I ritmi che la vita mi detta, a me come a ognuno di noi, impongono di passare in modo continuo e frettoloso da un’occupazione all’altra. Quando ci si ferma un istante si rischia di cadere, proprio come un aquilone; successivamente risulta ancora più difficile riacquistare il ritmo, perché non solo si deve avere la forza di volare, ma anche di riprendere quota. Spesso questo atteggiamento frettoloso rischia di sovrastarci: procediamo in balia degli eventi, senza realmente goderci gli attimi che viviamo. “Fa confondere Colosseo e torre di Pisa” dice Daverio a proposito degli stranieri impegnati nel “fast trip” in Italia; la stessa cosa accade a noi, che siamo talmente coinvolti nella nostra mania del “tutto fare”, che non ce ne rendiamo nemmeno conto. Sono a scuola e penso a ciò che dovrò fare nel pomeriggio, mentre risolvo le equazioni di matematica penso alla seconda guerra d’indipendenza, che a sua volta si fonde con la filosofia di Cartesio che cerco di ripetere mentalmente mentre sono in palestra. In questo modo ogni cosa si intreccia all’altra, non riusciamo a concentrarci pienamente sulle nostre attività dando origine, come nella mente dei turisti, ad una gran confusione.
Ma come possiamo evitare di venire travolti da questo tornado che ci obbliga a seguire il suo turbinio, impedendoci di vedere chiaramente ciò che ci circonda? Come suggerisce ancora Daverio, dobbiamo saper sostituire il “fast tour” della nostra vita con un insegnamento che ci viene dagli antichi, dai nostri padri latini: “festina lente”, ovvero un viaggio in cui “si fa in fretta, ma andando piano”. Bisogna sviluppare la faticosa ma indispensabile capacità di saper fare una cosa per volta, concentrandoci al cento per cento su di essa, in modo tale che, anche se magari ci richiederà un tempo maggiore, ne trarremo un risultato più proficuo; come in uno sciame di api, dove ogni individuo si muove ordinatamente, avendo ben chiaro il suo compito e concentrandosi fino a che non lo avrà portato a termine. È necessario che riusciamo a sostituire il frastuono distruttivo del tornado che ci porta a compiere ogni azione frettolosamente e con superficialità al ronzio armonioso delle api che con calma, ma allo stesso tempo produttività adempiono a tutti i loro doveri.
In conclusione, ciò su cui dobbiamo concentrare la nostra attenzione è vivere in prima persona, consapevolmente, l’attimo. Dobbiamo saper essere presenti in ogni istante che viviamo per evitare che la frettolosa superficialità ce ne sottragga anche solo uno.
Anna Pirovano