Andare a scuola fa parte della nostra quotidianità, è una fetta importante della nostra vita e una delle nostre priorità. Come tale, dovrebbe essere interessante, stimolante e soprattutto piacevole. Se si dovesse chiedere a un bambino delle elementari se gli piace andare a scuola, forse risponderebbe di sì, o magari no. Uno studente delle superiori, invece, probabilmente nemmeno risponderebbe alla domanda.
Questo mi fa pensare a tutte le volte che mi sono alzata la mattina pensando “chi me lo fa fare, di passare cinque ore in un posto pesante, stressante, che mira alla prestazione e che mi guarda in faccia solo come studentessa e non come persona?” La scuola non dovrebbe essere questo, o almeno non sei giorni alla settimana per nove mesi. Ogni volta che cominciano le vacanze, che siano quelle di Natale, di Pasqua o di Carnevale, tiro sempre un sospiro di sollievo e mi accorgo di quanto non voglio che quella che vivo a scuola, sia la mia vita: fatta di preoccupazione, ansia, paura di sbagliare e tanta pressione. Quando arriva il giorno del rientro, diventa a dir poco traumatico tornare alla routine e ancora una volta non c’è entusiasmo nel varcare la porta della classe.
La settimana della pausa didattica, invece, non ci scombussola eccessivamente e allo stesso tempo ci permette di vivere la scuola in maniera diversa, con un’altra mentalità e mettendo al centro lo stare con gli altri serenamente, senza la pressione di verifiche o interrogazioni. Nella routine quotidiana a volte ho l’impressione di correre all’infinito, senza avere un obiettivo preciso o una meta da raggiungere, ma soprattutto con il costante assillo che, se dovessi riposarmi per un momento, non potrei più riprendere da dove mi ero fermata. La settimana della pausa didattica, invece, permette di tirare il freno a mano per un po’, di respirare e ritrovare le energie per affrontare il pentamestre.
Per quanto riguarda i corsi di recupero, non posso esprimere un parere sulla loro efficacia, perché non mi è mai capitato di doverne frequentare uno. A mio avviso, si tratta pur sempre di un’occasione da cogliere seriamente e di un aiuto da parte degli insegnanti non da poco; anche se, effettivamente, quelli che hanno avuto due corsi al giorno non hanno avuto molte occasioni per prendersi quella pausa necessaria…come se fosse un premio solo per chi ha corso più veloce e non per chi ha rallentato un po’ o si è perso.
Ma quindi, com’è stato svegliarmi al mattino con la consapevolezza di avere davanti a me una settimana tranquilla, da poter sfruttare senza sentirmi sotto pressione?
Piacevole, interessante, leggero, sereno, divertente, spontaneo, spensierato…
Evidentemente la situazione si è ribaltata. Credo che basti poco, appunto una settimana, per rivalutare la propria concezione della scuola e dello studio. Prendere il pullman senza quella “cartella pesante” sulle spalle è stato come poter scegliere liberamente di andare a scuola e non vederla più come un obbligo, bensì come un’opportunità, un’attività come quelle che si fanno nel tempo libero perché si ha voglia di farle e perché sono appaganti.
Pensandoci un attimo, non sarebbe male inserire durante la lunga maratona dell’anno scolastico, delle tappe per tirare il fiato e per ricordarsi dove si sta andando.
E se la scuola non fosse vissuta come una prigione?
E se lo studio non fosse visto come un obbligo?
E se i voti non fossero percepiti come un giudizio negativo?
E se fosse possibile imparare senza sentire la pressione addosso?
Se tutto questo fosse possibile, magari gli studenti risponderebbero alla fatidica domanda: “ti piace andare a scuola?” Ma visto e considerato che non lo è, si potrebbe almeno alleviare e alleggerire il tutto con vere settimane di pausa didattica per tutti, regolarmente.
Viola Molteni