“dialogo” della scuola e dell’industria

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03 aprile 2022

[È necessaria una introduzione: ho scritto questo breve intervento nei giorni di quel gran tumulto attorno alla questione del PCTO, acceso dalla morte di Lorenzo, verso la fine di gennaio.  

A quasi due mesi dalla stesura lo pubblico qui: ritengo abbia perduto molta della sua efficacia, essendosi sgonfiato il problema di cui tratta – com’è naturale che sia: la situazione internazionale è ben più drammatica -, ma che possa comunque parlare ancora.  

Il testo è quasi totalmente inalterato rispetto alla stesura che, nei miei progetti, avrei dovuto diffondere a gennaio.] 


21 gennaio 2022: Lorenzo Parelli, studente di 18 anni, muore durante lo stage d’alternanza scuola-lavoro (PCTO), schiacciato da un macchinario, a Udine.

La conoscenza, per l’uomo concreto – per l’uomo industriale -, non può essere fine a sé stessa, né tanto meno può servire all’appassionata costruzione di un pensiero critico: evidentemente, tutto ciò che di bello, o di appagante, o di entusiasmante ha il mondo, è inutile. Ed è inutile: a) perché non produce profitto; b) perché può salvare noi studenti dal giogo del denaro, dando legna d’ardere alla scintilla dei nostri intelletti. 

E allora: – a che serve il latino? – si chiedono le industrie-; – a che serve la teoria? – si chiedono le industrie. 

E queste cose le industrie se le chiedono dal momento in cui anche i proletari iniziarono ad andare a scuola; e, col procedere del tempo regredendo, anche i proletari si pongono oggi i medesimi interrogativi, e lo fanno all’unisono con loro.   

– A nulla – è la loro risposta. – A nulla poiché quello del pensiero non è uno spendibile sapere pratico. A nulla perché non è merce, non è denaro. –  

– E allora -, dicono i padroni, – come potete permettervi questo privilegio di poter passare cinque anni unicamente a studiare? -. E, effettivamente, è difficile permetterselo, poiché il mondo che ci assalta da ogni parte è un mondo violento, crudo, reso tale unicamente dalla ricerca del puro utile. 

La scuola allora, pavida, si piega, e regala i suoi alunni alle industrie: serva scuola, e colpevole: schiava d’industrie e schiavista di menti. 

Stolta, che l’util chiede, 

E inutile la vita 

Quindi più sempre divenir non vede.

Pietro Locci