
Quante volte ti è capitato di osservare su cartoline, documentari, giornali di viaggio e foto sui social il paesaggio mozzafiato della città di Matera, come si mostra dal parco della Murgia, l’intonaco bianco dei trulli di Alberobello, gli scogli a picco sul mare della costa di Polignano a Mare e i caratteristici vicoli di Bari Vecchia? Scommetto che quando ti sei imbattuto in queste meraviglie non hai potuto far altro che sognare ad occhi aperti di trovarti in quei luoghi sbalorditivi. Nei giorni tra il 18 e il 21 marzo le classi 4^BLS e 4^CLSA hanno avuto l’opportunità di poter entrare all’interno di queste realtà ed immergersi in questi ambienti che contribuiscono a rendere il territorio italiano uno dei più belli al mondo.
Matera e il parco della Murgia

Incredibile pensare che questa città, oggi patrimonio dell’Unesco nonché capitale europea della cultura nel 2019, fosse definita negli anni 50 “vergogna d’Italia”. Ma come siamo passati dal disprezzarla ad amarla nella sua interezza?
La nostra guida materana ci ha intrattenuto con un approfondito tour della città e poi del vicino parco della Murgia. Innanzitutto, abbiamo avuto la possibilità di visitare le diverse zone del nucleo urbano di Matera. Il Piano, la sua parte più moderna, assunse un ruolo strategico di fondamentale importanza quando tra gli anni ‘50 e ‘60 gli effluvi maleodoranti, respirati da uomini a stretto contatto con animali, costrinsero ad un risanamento della “zona dei Sassi”. Questo ovviamente comportò il trasferimento di due terzi dei cittadini, costretti ad abbandonare le loro abitazioni, proprio nel Piano. Oggi questa zona non è che il continuum della storia millenaria di Matera. La Civita invece è quella zona del nucleo urbano che più rappresenta un “passato recente” e che segue la bizzarra morfologia del territorio: è da qui che siamo saliti e scesi lungo le stradine bianche e tortuose che si addentrano nei Sassi, non senza qualche scivolone lungo il cammino a causa della giornata inizialmente piovosa. Ed è proprio in questa zona che siamo entrati a far parte della storia della città, accedendo ad una casa-grotta, scavata nel tufo, ricca di arredi e di oggetti dell’uso quotidiano, che mette in risalto come una parte della casa fosse dimora anche per gli animali, come gli asini, che vivevano a stretto contatto con gli uomini: un’importante testimonianza che sicuramente ci ha dato modo di comprendere le condizioni di una vita, alla fine, temporalmente parlando, non troppo lontana da noi.

Di cose da dire su Matera ce ne sarebbero tante…fatto sta che dopo la visita mattutina e il pranzo in questa meravigliosa città di pietra, dal finestrino del pullman, scorgevo un paesaggio naturale che preannunciava la nostra prossima meta: il parco della Murgia materana. E’ stata una passeggiata naturalistica bellissima, complice anche il cielo azzurro e il sole splendente che nel frattempo avevano preso il posto della pioggerella mattutina, circondati da tantissime varietà di piante, anche aromatiche, come il rosmarino, che hanno reso sensoriale l’esperienza che stavamo vivendo. I nostri passi e quelli della guida, che non ci ha mai lasciato, ci hanno portato ad ammirare le pareti scoscese e le rocce di cui il Parco si compone. Tutto questo ci ha naturalmente portato a definirlo come un vero e proprio “Grand Canyon”. Ma preferirei fermarmi qui con la descrizione di questo paesaggio e lasciar parlare le foto che abbiamo scattato.
Alberobello

Una tappa immancabile se si soggiorna in Puglia è senza dubbio la cittadina di Alberobello, che con i suoi trulli è diventata uno dei simboli più caratteristici di questa regione, grazie ai quali viene riconosciuta in tutto il mondo. Queste peculiari architetture ci hanno accompagnato per la soleggiata mattinata del terzo giorno del nostro viaggio, facendoci immergere in un’atmosfera suggestiva creata dai tratti candidi e immacolati delle pareti delle case che si contrappongono al grigio della pietra calcarea dei tetti. Questi ultimi, come ci ha sapientemente narrato la guida, sono uno degli elementi più peculiari, costituiti da pietre incastrate a secco tra loro a creare una forma conica: all’occorrenza, potevano essere rapidamente distrutti rimuovendo la chiave di volta portante, in modo tale che il conte del villaggio non dovesse pagare le ingenti imposte sugli immobili al signore… insomma, una tipica storia di abusivismo all’italiana, come l’ha simpaticamente definita la nostra guida!
Mentre proseguiamo il nostro cammino per le stradine immerse tra le pseudocupole, veniamo a conoscenza delle tradizioni e delle leggende che animavano e animano tuttora il paese. La città non è semplicemente un luogo da visitare, ma assume il ruolo di narratrice: ogni sua parte ci racconta le proprie origini, le proprie storie e le proprie leggende; la città diventa una città parlante. Un trullo dall’aspetto di due fusi insieme, che prende il nome di trullo siamese, ci narra così la storia di due fratelli un tempo uniti da un legame indissolubile e poi separati a causa di un litigio per la stessa donna. Una torre che svetta tra i tetti dei trulli ci tramanda la leggenda del conte di un tempo che, osservando dall’alto il suo villaggio, si dilettava a mirare le anfore che le donne erano solite trasportare in testa, ricolme d’acqua, seminando terrore per le stradine. I simboli dipinti sulle cupole, infine, sono gli emblemi delle credenze e dei riti propiziatori a cui i cittadini erano devoti.
Ad oggi, però, la città non solo è apprezzabile per il suo aspetto più storico e didattico, bensì, dopo aver terminato la visita che ci ha permesso di conoscere le sue radici, abbiamo avuto la possibilità di immergerci anche nel suo lato più turistico. I negozietti di souvenir, con il loro artigianato locale quali fischietti, miniature di trulli, calamite, campanelle e cartoline ci hanno permesso di portare con noi un pezzettino di questo splendido luogo. Infine, non si può lasciare il piccolo borgo senza aver assaggiato i sapori nostrani dei prodotti venduti nelle botteghe, come taralli, friselle, orecchiette e, per chi ama i dolci, dei pasticciotti fragranti appena sfornati.
Le grotte di Castellana e Polignano a Mare

Sfamati dalle peculiarità culinarie di Alberobello, le prossime mete pomeridiane prevedevano una visita alle grotte di Castellana, prima, e poi, con una guida d’eccezione, alla città di Polignano a Mare. Le grotte ci hanno dato l’ennesima prova di come sia variegato e variopinto il territorio pugliese, che ospita città d’arte ricche di storia e paesaggi naturalistici mozzafiato. Scesi lungo una scalinata, ci siamo addentrati, sempre al seguito di guide, attraverso il suo percorso sotterraneo, costituito da cavità di origine carsica, la cui lunghezza raggiunge al massimo i 3 chilometri e mezzo (anche se la nostra visita non prevedeva tutti i chilometri). Incredibile vedere, nonostante le gambe tremanti a causa delle profondità raggiunte, lo scenario stupefacente di stalattiti e stalagmiti che nel corso del tempo hanno assunto forme del tutto particolari, che lasciano intravedere all’immaginazione dell’uomo “la Lupa”, “i Monumenti”, “la Civetta”… insomma, tutti nomi dati a determinate aree del percorso, ora accessibili, dai primi esploratori. La zona immediatamente successiva alla rampa di scale è La Grave, la più vasta caverna del sistema sotterraneo e unico ambiente naturalmente collegato con l’esterno: 100 metri di lunghezza, per 50 di larghezza, per 60 di profondità. La storia ci racconta che il 23 gennaio 1938 lo speleologo Franco Anelli si affacciò sull’orlo della Grave, una cavità usata da secoli come discarica per i rifiuti dagli abitanti del luogo e, disceso al fondo della cavità, ne percorse il perimetro e trovò una seconda caverna, in seguito denominata Caverna dei Monumenti. Portata la notizia all’esterno, Anelli programmò di tornare due giorni dopo, per proseguire le esplorazioni. La profonda voragine fu anche oggetto di racconti popolari, ma non solo. Agli abitanti incuteva sempre un senso d’angoscia, soprattutto al tramonto, quando fuoriuscivano i pipistrelli e dei vapori, che si pensava derivassero dalle anime dei suicidi.

Una volta terminata la visita e ritornati alla luce del sole, ci siamo concessi una visita a Polignano e, come dicevo prima, tra le strade della città ci ha fatto da guida un nostro compagno di classe, originario di quei luoghi, e che solo un anno fa si è trasferito qui in Brianza. Ci siamo concessi un buon gelato e siamo anche scesi per raggiungere la spiaggia di Lama Monachile e per godere della brezza marina, che poco spesso respiriamo durante l’anno…
Bari

Giunti all’ultimo giorno della nostra esperienza, dopo aver preparato a malincuore i nostri bagagli, ci siamo diretti verso l’ultima tappa prevista dall’itinerario: il capoluogo della regione, Bari. Durante il tragitto in pullman abbiamo avuto il piacere di contemplare il lungomare, il quale con il suo porto ricolmo di imbarcazioni faceva da sfondo agli edifici della città che iniziavamo a scorgere in lontananza. Successivamente, veniamo accolti da un maestoso arco ribassato che ci apre l’ingresso sull’ampia piazza di S. Nicola, così denominata per l’imponente statua del santo protettore che vigila sul centro abitato. Girandoci, alle nostre spalle veniamo colti di sorpresa dalla monumentale facciata della Basilica Pontificia e, varcato il suo portone, ci addentriamo nelle sue tre navate, sormontate dall’alto soffitto composto dalle travi lignee tipiche dello stile romanico pugliese.

Ma ecco che, dopo l’imperdibile visita in chiesa, facciamo il nostro ingresso nei vicoli della città vera e propria oltrepassando l’arco angioino. L’atmosfera accogliente ed ospitale di Bari Vecchia ci investe istantaneamente, facendoci percepire il folclore dei cittadini che ancora abitano nella zona più antica del paese, tramandando le loro usanze e tradizioni con passione e dedizione. Uno degli esempi più rappresentativi di questo amore per le proprie radici abbiamo potuto osservarlo attraversando la Via delle Orecchiette. In questo vialetto, difatti, è possibile toccare con mano l’attaccamento dei Baresi ai loro prodotti, poiché per la stradina le massaie del luogo dimostrano fuori dalle proprie abitazioni la preparazione delle tipiche orecchiette.
Proseguendo tra le case, dopo una sosta alla cattedrale di San Sabino, notiamo che il suolo, da pietroso, diventa asfaltato. Ciò ci comunica quello che poi ci verrà confermato una volta alzato lo sguardo: ci eravamo ormai lasciati alle spalle il borgo antico e ci eravamo inoltrati nella parte moderna della città. Terminiamo il nostro tour a Corso Vittorio Emanuele II, il viale principale che, con le sue alte palme, ci dà l’impressione di essere stati catapultati in una dimensione completamente differente rispetto a quella delle strette vie della città vecchia. Dopo aver consumato il nostro ultimo pranzo ed aver fatto le ultime passeggiate per i negozi e le botteghe, siamo costretti a fare ritorno al nostro pullman, consci del fatto che, senza alcun dubbio, questi splendidi territori si sono scavati un piccolo spazio nei nostri cuori, donandoci un ricordo che difficilmente potremo dimenticare.
Anna Pirovano & Silvia Donnarummo