intervista a… john best

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14 febbraio 2019

Pensando al colore rosso abbiamo deciso di intervistare il Rosso più british del Bachelet: John Ross Best! 
Con questa intervista vogliamo farvelo conoscere oppure, se già avete questa fortuna, farvi scoprire qualcosa di nuovo sul suo conto.

Ciao John! Sei felice di partecipare a questa intervista?
Felicissimo, il sabato pomeriggio non ho niente da fare e posso perdere tempo in questo modo. Pensavo di andare a comprare i ravioli dolci a Viganò, ma ormai sono qua.

Come sai sei molto amato dai tuoi studenti. Questo amore è corrisposto?
In molti casi sì, in altri – come nel vostro caso – no. A parte gli scherzi, mi piace parlare con i miei studenti e divertirci insieme in classe. Alcune persone sono un po’ sopra le righe, ma ci sta… alcune volte! 

Ti trovi bene al Bachelet?
Sono cinque anni che lavoro al Bachelet come madrelingua, ma contando anche i corsi che ho fatto sono dieci anni che sono qui. È una bella scuola, ma alcune cose non cambiano: ad esempio le pareti sono sempre quelle, i cartelloni sono sempre quelli, c’è sempre Sandro, che non cambia mai (ride). Tutto sommato mi trovo bene e non intendo andar via, a meno che mi caccino.

In che modo da un piccolo paesino dell’Inghilterra sei arrivato ad insegnare in questa fantastica scuola della città di Oggiono?  
Ma… come sapete che vengo da un piccolo paesino? Avete fatto delle ricerche su di me? Comunque sì, vengo da un paesino – più piccolo di Lecco – ma non parliamo di Lecco, che non mi piace più di tanto. Sono arrivato qua perché in Erasmus ho conosciuto Cecilia, che ora è mia moglie. Dopo una breve fase di corteggiamento, abbiamo deciso di ufficializzare il nostro rapporto nel 2008. Nel 2010 mi sono laureato e mi sono trasferito in Italia. Ho iniziato a fare lezioni di inglese in varie scuole, mi sono reso conto che era il lavoro giusto per me (sono abbastanza bravo, credo) e sono andato avanti.

Dicci la verità, sei venuto in Italia perché le donne italiane sono le più belle del mondo?
Questo sì, sicuramente. Le donne sono diverse ovunque vai, ma mi ricordo che in Inghilterra erano, come dire, un po’ più grasse e si truccavano spessissimo in modo esagerato: ricoperte di fondotinta sembravano degli Umpa Lumpa.  

Hai qualche aneddoto da raccontarci sui tuoi anni trascorsi al Bachelet?
Sì, ho una storia abbastanza imbarazzante: due anni fa, entrato in una quarta linguistico, vedo tutti gli studenti che mi guardano e ridono. Dopo aver chiesto il motivo, la collega mi ha fatto una foto alla schiena e ho visto che sulla camicia avevo l’impronta del ferro da stiro. Tra l’altro faceva caldo e non avevo nemmeno la giacca per nasconderla, andavo in giro per i corridoi con la schiena appoggiata al muro!
Un’altra cosa mi è successa nei miei primi anni di lavoro qui: salivo le scale mentre gli alunni stavano facendo lezione, il preside mi vede e mi dice: “Ma… tu cosa fai in giro? Non dovresti essere in classe?” e io, che all’epoca non parlavo neanche molto bene l’italiano, cercavo di dirgli che ero un insegnante e non uno studente. Da quel giorno decisi di far crescere la barba, guadagnando dieci anni.

Si avvicina San Valentino, cosa ne pensi di questa ricorrenza?
All’inizio è bello, tutto un quanto ti amo, andiamo al ristorante… ma quando nella tua vita entra una bambina di cinque mesi, beh… cosa faccio a San Valentino? Vado a letto alle nove, dormo e mi sveglio nel bel mezzo della notte per darle il biberon e cambiarle il pannolino. In ogni caso, non bisogna assolutamente dimenticarsi di fare un regalino, se si vuole una relazione duratura.

Pensi sia stata la fortuna a portarti qui?
Sicuramente! A 17 anni ho fatto il test di ammissione per Oxford: avevo superato tutte le fasi di selezione e mancava un’ultima prova scritta. Una volta terminata – e finita anche abbastanza in fretta – ero soddisfatto, mi sembrava fosse andata bene. Ma, usciti i risultati, mi sono reso conto di non aver passato l’esame avendo fatto giusto solo il 40% delle risposte. Solamente due mesi dopo ho capito di non aver girato il foglio, rispondendo così solo a metà delle domande. Ma se fossi andato a Oxford non avrei incontrato mia moglie e non sarei potuto venire qua.
Quindi… la mia sfiga è stata una benedizione!

Le tue battute: le prepari o ti vengono così brutte spontaneamente?
No, mi vengono in mente sul momento. Ad esempio, oggi nella lezione in 1^A dovevamo individuare gli ingredienti di una ricetta e tra questi c’era il rosmarino (in inglese rosemary, che vuol dire anche Rosamaria). Quindi ho chiesto agli alunni “have you got rosemary in your garden?” e tutti mi hanno risposto di sì. Anche io ho risposto che lo avevo e poi ho urlato “Rosemary, get out of my garden!”,  mi è venuta naturale. Però, vi devo svelare una cosa: alcune battute le prendo da una pagina su Instagram.

Perché odi tutti, compresa la famiglia reale?
Non odio proprio tutti, a volte esagero per far ridere, ma la famigliareale mi sta proprio antipatica, non la sopporto. Solo la regina è abbastanza simpatica, ma il resto della famiglia dovrebbe andare a lavorare. Vorrei vedere il principe William al supermercato o il principe Carlo in giro ad arare i campi, sarebbe divertente.

È stato difficile lasciare la tua famiglia e i tuoi amici?
All’inizio sì, i primi tre mesi sono stati i più difficili e mi sentivo solo. Però mi è sempre piaciuto viaggiare, incontrare nuove persone. Ora mi sono abituato e sento di meno la mancanza, ma cerco di tornare ogni sei mesi a casa, in Inghilterra. Se qualcuno ha bisogno di andare in un altro Stato per ragioni di lavoro non deve avere paura, deve buttarsi e adattarsi alla cultura di quel Paese. Tranne per gli inglesi che vogliono venire in Italia, qui i posti sono limitati e sono tutti miei.



Susanna Fumagalli e Alice Boffelli